Swami Veetamohananda

 

Libertà, libertà, è il canto del nostro cuore. Come trovarla?

Traduzione a cura di Franca Mussa

 

La Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, che è stata fatta all’Organizzazione delle Nazioni Unite nel 1948, inizia così il suo preambolo: “Considerando che il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti uguali e inalienabili costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo…”

La libertà è un attributo della persona umana. Senza di essa, l’essere umano cessa di essere una persona. E senza libera comunione tra le persone, non può esistere comunità. Nello stesso tempo, è anche vero che una comunità cesserebbe di essere una società se ogni membro si comportasse come vuole.

Una società umana è dunque un compromesso tra la libertà individuale e certe limitazioni sociali. Questa opposizione tra libertà e limiti s’incontra dovunque ci siano uomini che vivono o lavorano insieme. Benché non possa essere completamente evitata, può essere grandemente minimizzata se si comprende la natura della libertà.

Come può una persona vivere come un individuo libero e realizzare lo scopo supremo della sua vita nella società di cui fa parte? Per trovare la risposta a questa domanda. Dobbiamo prima capire ciò che significa la libertà.

Bertrand Russell dice: “La libertà, in generale, può essere definita come un’assenza d’ostacoli alla realizzazione dei desideri”.

 

Ci domandiamo se è questione della libertà “da costrizione” o della libertà “dal fare”.

 

La prima, la libertà “dalla costrizione”, si riferisce principalmente a una condizione caratterizzata dall’assenza di pressioni o di costrizioni imposte da un’altra persona o da fatti sociali. Significa libertà di scegliere ciò che si vuole fare.

E’ spesso chiamata “libertà negativa” e siccome le costrizioni sono, per la maggior parte, esteriori, è anche chiamata “libertà esteriore”. Le libertà civiche appartengono a questo tipo. Esse includono la libertà d’espressione e la libertà di stampa, quella di eleggere i rappresentanti al governo, la libertà religiosa… e tutto ciò che implica l’assenza di coercizione esteriore o di limitazioni imposte da leggi o da istanze esecutive. Tuttavia, la semplice assenza di tali costrizioni non dà ala persona la libertà di agire come le piacerebbe. Per esempio, uno spazzino è libero tanto quanto un ricco proprietario di costruire un grandissimo edificio. Un barbone è tanto libero quanto un uomo fortunato, di godere di un sontuoso pranzo tutte le sere. Ma lo spazzino non può costruire un grande edificio e il barbone non può offrirsi un pasto sontuoso per la semplice ragione che nessun di loro ne ha la possibilità finanziaria. La sola libertà che abbia un senso per loro è la libertà dei desideri. Come le libertà civiche, anche la libertà di desiderare appartiene alla categoria delle libertà esteriori o negative. Ciò che s’intende per libertà esteriore è spesso nient’altro che un’uguaglianza di possibilità. Coloro che possono o sanno profittare di certe occasioni diventano ricchi, eruditi o potenti. Così, se un minimo di libertà esteriori fondamentali è assicurato, ciò che conta, l’iniziativa personale, è ciò che si può chiamare l’individualità.

 

Questa libertà di essere o non essere, di fare o di non fare ciò che ci piace, è l’aspetto positivo della libertà.

 

Poiché la libertà si appoggia sulla fede, la conoscenza, la forza di volontà, e molti altri fattori psicologici, è chiamata “libertà interiore”.

Il suo scopo è di ridare la propria individualità all’uomo, perché egli diriga la sua vita dall’interno, perché una persona pienamente funzionale, una persona indipendente. Questa libertà essenziale è alla base del diritto della persona di vivere la propria vita nel modo chele piace. Ma ciò implica invariabilmente di fare una scelta tra una vita morale e una vita immorale, tra una vita colta e una vita spirituale e una mondana. Questa libertà interiore di scelta è l’aspetto positivo della libertà. Il suo significato principale è il potere di ognuno, di determinare il proprio modo d’esistenza personale con le libere decisioni che prende.

Nel mondo interiore dell’individualità, c’è anche un legame tra libertà e potere. Una mente debole soccomberà facilmente ai vizi e alle tentazioni. Ci vuole anche una grande forza mentale per liberarsi delle proprie ossessioni, delle proprie fobie e delle proprie cattive tendenze. La gelosia e l’odio sono segni di debolezza interiore e solamente una persona forte può liberarsene.

“Solo un eroe può cancellare dal suo cuore l’odio e il rancore” dice Swami Vivekananda, “E, a meno di essere liberati da questi difetti, come si può diventare veramente civilizzati?”.

I due tipi di libertà, libertà esteriore e libertà interiore, sono necessari allo sviluppo dell’individuo e al benessere della società. Tuttavia, dei due, è la libertà interiore la più importante. Senza questa, troppa libertà esteriore potrebbe persino essere nociva. Una persona schiava delle sue passioni non utilizzerà verosimilmente la propria libertà esteriore che per darsi ai piaceri dei sensi. E’ la ragione per cui l’immoralità è così diffusa nel mondo moderno. E’ bene qui ricordare il famoso detto di Cicerone: “Una libertà eccessiva porta le nazioni come gli individui a un asservimento eccessivo”. Possiamo forse avanzare l’ipotesi che la salita dell’integralismo sia un processo sociale autocorrettivo che si propone di arrestare il flusso dell’immortalità?

Un certo grado di libertà esteriore è senza dubbio necessario per lo sviluppo dell’individuo e della società, ma la sua importanza è stata molto esagerata negli ultimi tempi. La libertà esteriore, anche in piccola quantità, non può dare la libertà interiore e, senza questa, la libertà esteriore ha poco senso.

Quando il marinaio scozzese del 18° secolo, Alexandre Selkirk è stato abbandonato su un’isola deserta del Pacifico, si è ritrovato “il re di tutto ciò che, a perdita d’occhio, cade sotto il mio sguardo. Il mio diritto, non c’è nessuno per disputarmelo”. E tuttavia, era spaventosamente infelice. Non poteva sopportare l’intensa solitudine ed esclamava: “ Oh, solitudine! Dove sono  le tue grazie che i saggi hanno cantato?” , (dal celebre poeta di William Cowper).

Una persona liberata interiormente non ha bisogno di una grande libertà esteriore. Alcune delle più grandi opere mistiche sono state composte da uomini e donne che non uscivano mai dai loro chiostri o dal loro eremitaggio.

 

Oggi, ci interesseremo principalmente della libertà interiore perché la reale schiavitù dell’uomo è quella dell’anima.

 

“La mente è la sorgente della schiavitù e della libertà dell’uomo” spiega una Upanishad (Amritabindu).

Che cos’è dunque questa libertà interiore di cui parliamo? Se ammettiamo di avere sufficiente libertà esteriore, siamo realmente liberi di pensare o di agire in qualunque modo? Non siamo forse influenzati dai nostri pregiudizi, le nostre ambizioni, le nostre paure e non lo siamo anche per quelle degli altri? Di quanta libertà interiore disponiamo per decidere e per agire? Ecco alcune questioni vitali. Dalla loro risposta dipende quelle ed altre domande importanti. Qual è la natura dell’anima? La volontà è libera? Esiste il male?

E molte altre ancora sulle norme dell’etica, le attitudini sociali, la grazia divina, gli sforzi personali, la legge del karma, ecc. Nella vita pratica, il soggetto della libertà interiore è in relazione diretta con i nostri problemi esistenziali e i mezzi per risolverli.

Un po’ d’introspezione o una comprensione attiva delle nostre reazioni, basta a rivelarci che non siamo così liberi interiormente quanto pensiamo generalmente e che molti aspetti della vita interiore sono implicati nella nozione di libertà interiore.

 

La libertà interiore è un’espressione che include, più o meno, tre generi di libertà:

1)      La libertà di scelta.

E’ la capacità di scegliere tra molte possibilità di azione.

2)      La libertà di determinarsi da se stessi.

E’ la capacità di vivere in modo indipendente dalle costrizioni esteriori ma in accordo con le proprie motivazioni profonde e il proprio ideale.

3)      L’indeterminazione.

E’ un termine filosofico che significa che la volontà è intrinsecamente libera e possiede il potere di rimanere indipendente dal carattere della persona, dalle sue motivazioni e dalle circostanze.

 

Queste tre dimensioni della libertà sono strettamene legate tra di loro. Vediamo come:

-         Ogni nostra azione è il risultato di una scelta. Siccome la vita è un’interazione complessa tra diversi individui messi in situazioni diverse, siamo costantemente chiamati a prendere delle decisioni. Ciò significa spesso che dobbiamo scegliere tra molte possibilità d’azione. Fare una scelta è la decisione più difficile che ci sia. Una cattiva scelta può rovinare l’avvenire di una persona o di un’impresa. Ancora peggiore è l’indecisione, l’incapacità di fare una scelta, che porta al temporeggiamento. Un esempio classico di quest’attitudine è dato da Amleto: “Essere o non essere, questo è il problema. E’ più nobile soffrire nella mente i dardi e le frecce della fortuna insolente o prendere le armi contro un oceano di disordini e resistere fino alla fine?”. Amleto continuò a riflettere così temporeggiò finché quasi tutti quelli che erano in rapporto con lui furono uccisi, e anche se stesso.

-         Perché questa presa di decisione è così difficile? Noi attribuiamo generalmente questa difficoltà alla nostra ignoranza delle soluzioni tra le quali dobbiamo scegliere. L’uomo d’affari che esita tra due contratti, il giovane che deve decidere se entrare nella vita attiva o continuare negli studi, il poliziotto che deve fronteggiare una folla insubordinata, ognuno di questi deve calcolare le conseguenze ignote della sua decisione. Non è tuttavia qui la cosa più difficile. La principale difficoltà risiede nel fatto che non siamo completamente liberi di fare delle scelte.

 

La libertà di scelta implica diversi fattori: innanzitutto, un orientamento verso uno scopo supremo.

 

Ciò significa un orientamento dell’anima non soltanto verso uno scopo supremo e ultimo, ma anche verso uno scopo supremo e ultimo, ma anche verso uno scopo vicino o limitato. Lo scopo supremo di ognuno consiste nel ricercare il proprio bene. Molti ricercano anche il bene degli altri, nella misura in cu non ci si oppone a loro. A parte ciò, dobbiamo scegliere degli obiettivi vicini che possono o potranno  essere raggiunti rapidamente, a scuola, all’ufficio, alla fabbrica, al negozio, su un terreno da gioco… dovunque noi agiamo. E’ solo quando questi obiettivi saranno fissati che potremo pensare ai  mezzi appropriati per raggiungerli.

Ma le mete ravvicinate dipendono da diversi fattori. Possono cambiare e dunque, fissare uno scopo che abbiamo possibilità di concretizzare, è un compito difficile in se stesso. Sarà comunque molto  più facile se ci sforziamo di stabilire un legame preciso tra il nostro scopo supremo e i progetti che si presentano. Ci deve essere una base immutabile a tutte le nostre azione e ai nostri scopo immediati. Se siete uno scienziato e il vostro lavoro consiste nello scoprire un nuovo medicamento o nello sviluppare una nuova teoria, dovete sapere come collegare questo lavoro supremo.

Se siete un uomo d’affari e se il vostro scopo immediato è di aumentare le vendite del prodotto della nostra impresa, dovete sapere come si collegherà al vostro scopo supremo. Se siete professori e se il vostro compito è di far sì che ognuno de vostri allievi abbia successo agli esami, dovete sapere come conciliare questo compito con il vostro scopo supremo. Con una stella fissata nel firmamento della vostra mente, potete sempre essere certi della vostra direzione senza timore di perdervi tra le costellazioni delle emozioni. Ciò vi darà un grande margine d manovra e dunque la possibilità di una libera scelta più facile.

Questo rapporto tra le mete immediate e la meta suprema è ciò che si intende per “valori”. I valori ne sono il trait d’union. Aderire a un sistema definito d valori rende più facile la presa di decisioni e la possibilità di scegliere. I valori sono determinati dalla cultura; se volete avere un sistema di valori ben definito, dovete identificarvi con una cultura. Ciò possibile solo con la cultura in cui siete nati e siete cresciuti. Lo sviluppo delle comunicazioni d’oggi ha portato una specie di miscela delle culture e ciò ha provocato una confusione di valori.

 

Il secondo fattore nella libertà di scelta è la realizzazione personale.

 

Noi scegliamo spontaneamente ciò che può darci una soddisfazione personale. Tutti gli uomini sentono un bisogno naturale di creare nuove forme di verità, di bontà e di bellezza nella vita. Questo si chiama creatività. E’ uno slancio intrinseco dell’essere per esprimersi. La realizzazione di questo bisogno è la realizzazione di sé o “la manifestazione della divinità potenziale già presente nella nostra anima” come diceva Swami Vivekananda.

La creatività è un potente impulso e colui in cui funziona liberamente, incontra poche difficoltà a prendere le decisioni giuste o a fare buone scelte. Quando la creatività è soppressa, porta una “passività interiore”. La persona può sembrare attiva esteriormente, ma la sua anima è senza energia, senza soddisfazione e senza potere. Le è difficile fare delle scelte, preferisce che gli altri decidano per lei.

E’ con la speranza di raggiungerla realizzazione personale chele persone agiscono. La meccanizzazione, la burocrazia e la commercializzazione di quasi tutti gli aspetti della vita hanno poca influenza sulla libera espressione della creatività dell’anima. La maggior parte delle persone oggi non si sente libera nel suo lavoro.

Ecco perché ricercano degli svaghi con tanto zelo. Ma finché persisterà la “passività interiore” l’anima resterà limitata. Gli svaghi stessi possono diventare una noia intollerabile, di cui si cerca di spezzare la monotonia, leggendo riviste o libri, guardandola televisione, giocando a carte…, tutte distrazione che non possono portare altro che vuoto e insoddisfazione. E’ tuttavia ben noto che la semplice conoscenza di uno scopo o il bisogno di realizzazione non sono sufficienti per darci la libertà interiore di scegliere.

Perché certi seguono così spesso il sentiero del male o perché prendono cattive decisioni, anche se ne conoscono le dolorose conseguenze?

 

Per trovare la risposta a questa domanda, dobbiamo esaminare l’atto stesso di scegliere o di decidere.

 

Siamo totalmente liberi o predeterminati?

Possiamo scegliere liberamente il corso della nostra vita oppure, ogni nostro pensiero, ogni nostra azione è condizionata e controllata da forza che sono aldilà del nostro controllo?

 

Per il Vedanta, la personalità umana è composta dal corpo, dalla mente e dall’Atman. L’Atman, a cagione della sua vera natura superiore, è increato, luminoso in sé, eternamente puro, distaccato e libero. Ma unito alla mente, appare come l’anima inferiore empirica, l’ego.

La volontà è una facoltà della buddhi, una dimensione superiore della mente, è una funzione dell’ego. In più, ogni esperienza e ogni azione lascia nella mente una traccia subliminale chiamata “samskara” che sboccerà più tardi in un desiderio o in una tendenza a ripetere quest’esperienza o quest’azione. La vita umana è una catena di nascite e di rinascite e i “samskara” delle vite anteriori sono immagazzinate nelle profondità incoscienti della mente. L’ego e la volontà sono naturalmente condizionate e limitate da questi “samskara”. Ma, per mezzo di discipline spirituali, classificate sotto il termine generale di Yoga, è possibile purificare la mente di queste tracce subliminali o almeno disattivare la maggior parte di queste. La persona realizza allora la sua vera natura che è l’Atman trascendente, sempre libero. La buddhi riflette questa luce interiore e la volontà diventa allora uno strumento dell’Anima Universale. In altre parole,al libertà della volontà è una espressione della libertà dell’Atman. Solo le persone che hanno raggiunto l’illuminazione e che hanno realizzato l’Atman hanno una volontà libera.

Swami Vivekananda ha spiegato chiaramente questo punto. Egli dice: “Ricordatevi sempre che solo le persone libere hanno una volontà libera tutte le altre sono limitate e non sono responsabili di ciò che fanno. La volontà in quanto volontà è imbrigliata. Quando la neve si trasforma in acqua in vetta all’Himalaya, è libera, ma quando diventa un fiume, imprigionata da due rive. Tuttavia, la sua impetuosità originaria lo porta fino al mare dove recupera la sua libertà”.

La presenza dell’Atman dà a ciascuno l’impressione di essere libero, ma, a meno che questo Atman non sia veramente realizzato, nessuno può raggiungere la vera libertà interiore.

 

Lo scopo supremo della vita è la liberazione, la liberazione eterna. Notiamo due punti significativi per noi: primo, la liberazione non è una semplice liberazione da ogni sofferenza, è anche quella da ogni gioia. La fortuna e la sfortuna, poiché sono sperimentati attraverso i sensi, limitano l’anima. Sono tutti e due prodotti dell’ignoranza.

 

Secondo, la liberazione non è uno stato passivo prodotto dalla libertà delle attività fisiche e mentali. Anche nello stato di sonno profondo, c’è una cessazione quasi completa d’attività e, nello stesso tempo, una totale assenza di sofferenza. Ma il sonno profondo è uno stato di coscienza limitata in cui l’anima resta schiava. La liberazione, al contrario, è uno stato di coscienza e di potere intenso.  Così, la liberazione non è la semplice liberazione dalla sofferenza o dal lavoro, ma quella dall’ignoranza. E’ uno stato intenso di coscienza e di potere. E’ a questo stato che cerchiamo di giungere nel corso delle nostre meditazioni guidate. La parola beatitudine (ananda), che è spesso usata per descrivere questo stato, deve essere compresa, non nel senso di fortuna, ma in quella di pace suprema, questa pace che supera ogni intendimento. Sicuramente, una persona ordinaria non può neanche immaginare a che cosa rassomiglia questa libertà suprema. Può soltanto averne un’idea quando getta un’occhiata nella luce della sua anima e diventa, in una certa misura, liberata dai tre istinti fondamentali che sono la ricerca del piacere (raga), la paura (bhaya) e l’odio (dvesha).

Ciò che è importate, è utilizzare la libertà che già possediamo e sforzarci di svilupparla. E’ il primo compito e ci tocca. Restare il più possibile liberi nell’ambiente in cu ci troviamo, esercitare la nostra libertà interiore, anche se ridotta, ed evitare di cadere in nuovi legami. Molti non si occupano della piccola e sola vera libertà che possiedono nella loro anima, è la grande tragedia della vita. Invece di questo, pensano solo alle costrizioni esteriori e alle difficoltà che padroneggiamo poco o niente, e sprecano, molta energia nel lottare e rivaleggiare con gli altri.

Comportandosi così, diventano sempre più limitati interiormente.

Molte persone che contattiamo, e con le quali dobbiamo vivere sono limitare. Sono schiave della  lussuria, dell’invidia, dell’odio, della paura e della vanità. Tuttavia, tutti hanno bisogno di maggior libertà interiore e il massimo servizio che possiamo loro rendere è aiutarli a trovarla. Sfortunatamente molti  sono inconsapevoli della espansione dei propri limiti interiori.

Quando una persona ama le altre persone senza essere libera interiormente, tutto ciò che cerca, è di legarla a . Molto spesso, è l’odio per un nemico comune che unisce le persone in un amore apparente. Solo colui che è libero può amare realmente e anche se non può liberare gli altri, egli sa, lui almeno, che non è lo strumento della loro schiavitù.

Oggi si a sentire i bisogno di una autentica filosofia esistenziale della libertà. Le filosofie tradizionali vedantiche pongono “la liberazione” come lo scopo supremo. Swami Vivekananda fa della libertà il punto di partenza e il punto di arrivo, l’alfa e l’omega, della grande avventura della vita. Voi lo sapete, egli ha insegnato quattro yoga e li ha presentati come sentieri indipendenti verso la Realtà Ultima. Per praticare ognuno di questi, il punto partenza è sempre la libertà interiore. Questa è necessaria nella pratica del Jnana Yoga per utilizzare la conoscenza che già possedete.

E’ necessaria nella pratica del Bhakti Yoga per utilizzare la devozione e la fede che sono in voi, in quella del Raja Yoga per utilizzare la nostra forza di volontà e in quella del Karma Yoga per utilizzare il vostro amore. Senza un minimo di libertà interiore, non poterete impegnarvi in nessuno di questi Yoga.

E perché Swami Vivekananda ha dato così grande importanza alla libertà? E’ perché solo la libertà manca all’essere umano. Tutto il resto, la purezza, la forza, la conoscenza, la devozione, ecc. è inerente all’anima. Esiste un legame molto stretto tra libertà e coscienza. Più l’anima sarà libera, più manifesterà le qualità citate prima. Siate liberi più che potete e lasciate l’anima faccia il resto. La luce interiore vi guiderà fedelmente, senza ingannarvi, verso lo scopo supremo. Così, Swami Vivekananda ci ha mostrato un modo di vivere liberi dal mondo, con la libertà interiore limitata che noi possediamo, anche se la nostra libertà esteriore minima.

“Libertà, libertà, è il canto della mai anima”, aveva l’abitudine di dire. In un certo modo, è il canto di tutte le anime, ma solo poche persone si prendono la pena di ascoltarlo.

Che il Signore sia il nostro rifugio!

Gretz, 18 febbraio 1996